PROLOGO

 

 

Washington D.C. Capitale degli Stati Uniti.

 

In una stanza elegantemente arredata un uomo premette un pulsante su un telecomando selezionando la TV davanti a lui su un noto canale di notizie 24 ore su 24 dove una attraente donna bionda stava parlando:

<<La notizia del giorno è indubbiamente il fallito attentato di questa mattina a Washington D.C. all’imprenditore russo Aleksandr Lukin. L’uomo d’affari, CEO di una delle più importanti multinazionali del settore dell’energia, la Kronas Inc, si stava recando ad un meeting con alcuni funzionari della Divisione Antitrust del Dipartimento di Giustizia per discutere della possibile OPA[1] della Kronas sulle azioni della Roxxon Energy quando un uomo armato di machete è sbucato dalla folla e si è avventato su di lui gridando slogan antirussi. Prima di riuscire nel suo intento, però, l’uomo è stato fermato dal pronto intervento degli agenti del F.B.I. presenti e delle guardie del corpo di Lukin. L’aggressore è rimasto ucciso. L’uomo è stato identificato come un immigrato ucraino. Al momento si ignora se fosse un pazzo isolato o se facesse parte di un complotto. Fonti del Dipartimento di Giustizia riferiscono che si stanno vagliando tutte le ipotesi. Nel frattempo l’audizione dell’Antitrust è stata rinviata a domani.>>

L’uomo sorrise e mormorò una sola parola:

<Perfetto.>

 

 

#48

 

RAGNATELA D’INGANNI

di

Carlo Monni & Carmelo Mobilia

 

Golfo del Messico.

 

Il jet nero con il logo della Lonestar Oil era ormai in vista dell’aeroporto di Cancún nello Stato messicano di Quintana Roo, rinomata località turistica internazionale ma anche crocevia del traffico di droga verso gli Stati Uniti e non solo.

Sharon Carter tutte queste cose le sapeva benissimo, una delle regole del suo lavoro era: conosci il terreno di gioco. Per anni il suo lavoro era stato quello di Agente dello S.H.I.E.L.D. e l’aveva svolto con passione e dedizione anche se con il tempo l’entusiasmo e l’idealismo iniziali erano stati ricoperti da una patina di cinismo e nemmeno lei era più certa se fosse solo una maschera o la realtà. Ora era un’agente indipendente, una contractor secondo una definizione in voga, una mercenaria secondo altri. A lei non importavano le definizioni, sapeva chi era, cosa faceva e perché: continuava a proteggere il mondo dai cattivi soggetti e veniva pagata per farlo molto più di quanto lo fosse prima. Cosa c’era di male in questo?

I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce del pilota che annunciava l’imminente atterraggio. Sharon si allacciò diligentemente la cintura di sicurezza e rivolse un breve sguardo ai suoi compagni di squadra: l’enigmatico Paladin, spaccone, apparentemente interessato solo al denaro ed al piacere ma anche capace di imprevedibili slanci di generosità; Diamante, ex criminale, avventuriera dalla morale elastica ma leale; Yukio, giapponese, addestrata dalla mitica Mano, spirito libero, amante del rischio e temeraria fino all’incoscienza.

Assieme a loro avrebbe potuto affrontare qualsiasi problema li attendesse a terra e l’istinto le diceva che sarebbe stato qualcosa di mortalmente serio… tanto per cambiare.

Appena scesi dall’aereo furono accolti da un uomo elegante che portava un cappello Stetson a larghe tese, un cravattino di cuoio e stivali, abbigliamento che lo faceva riconoscere per un tipico abitante del Texas secondo l’iconografia classica.

<Benvenuti a tutti.> disse loro l’uomo in questione, che effettivamente aveva un accento texano <Avrei preferito rivedervi in circostanze migliori ma non si può sempre scegliere.>

<Di che si tratta Mister Muldoon?> chiese Sharon andando subito al sodo.

<Le ho già detto di chiamarmi Texas Jack, Miss Carter.> ribattè John Marshall Muldoon <Quanto al problema, potremmo dire che è una questione di vita o di morte… la mia.>

 

 

Quartier Generale dei Vendicatori Segreti, Manhattan, New York, il giorno prima.

 

Durante lo svolgimento della missione a Delvadia, tutta l'attenzione di Steve Rogers era stata rivolta a Donna Maria; concentrato e determinato a liberarla dei criminali che l'avevano rapita, nient'altro in quel momento aveva importanza per lui, ma adesso che quella storia era alle spalle, un altro pensiero gli si era instaurato nella testa: cosa aveva spinto Nomad a tornare?

Jack non era certo un tipo da fare visite di cortesia, e vista la tensione con cui si erano lasciati, la cosa doveva essere senz'altro seria.

Non appena il jet era tornato a dormire nell'hangar, Steve si era precipitato nella sala riunioni, dove Amadeus Cho lo stava attendendo assieme al suo ospite.

<Eccolo qui! Bentornato, comandante Rogers.>

<Ciao Amadeus...>

<E c'è anche la signorina Puentes. Sono contento che sia filato tutto liscio.>

<Anche io sono contenta di rivederti, ragazzo.> ricambiò affettuosamente Donna Maria.

<Di me, invece, frega niente a nessuno. > scherzò Jack Flag.

Ma prima che qualcuno potesse replicare alla battuta, Steve si rivolse al suo vecchio amico:

<Salve Nomad. Felice di rivederti.> disse, tendendogli la mano.

<Ciao Steve… mi spiace venirti a scocciare quando sei di ritorno da una missione, ma si tratta di una faccenda seria. Roba che scotta.>

<Non farti problemi. Cos'è successo?>

<Ero a Miami, e sono stato contattato da una mia vecchia conoscenza, uno che mi passava informazioni. Mi dà una dritta su un carico di droga in arrivo da Delvadia...>

<Delvadia, hai detto? Veniamo proprio da lì.> fece notare Donna Maria.

<Sì, il ragazzo me lo ha detto. Comunque, mi reco al porto e faccio il mio mestiere: dò una bella ripassata ai narcos, ma quando di appresto a distruggere la merce, scopro che non stavano trattando in roba ma, tenetevi forte, quelle carogne hanno fatto entrare nel paese un carico di plutonio.>

<Plutonio, hai detto?> chiese, incredulo, Jack Flag.

<Esattamente. Allora mi metto a seguire i trafficanti per scoprire a chi volessero venderlo, e qui le cose s'ingarbugliano di brutto, perchè i compratori sono dei terroristi arabi... e non del tipo comune, perchè quando cerco di mandare a monte la trattativa, mi batto con uno di loro, e quel tizio, da come si muove e da come si batte, è chiaro che è un supersoldato. Riesce a farmi il culo e a permettere loro di fuggire con il carico. Dopo di chè sono venuto qui da voi...>

<Un supersoldato? Ne sei certo?> domandò Steve.

<Come che il Papa è cattolico. Ho passato gran parte delle mia vita ad allenarmi con un supersoldato... prima col mio Cap, durante gli anni 50, e dopo con te: i tempi di reazione, la resistenza, la forza nei colpi… nessun atleta, per quanto allenato, si muove allo stesso modo. Steve, credimi, se c'è una cosa che so riconoscere al volo, è qualcuno a cui circola in corpo lo stesso siero che abbiamo noi.>

<La cosa si fa sempre più complicata...> osservò Jack Flag chiedendosi, ancora una volta, se non si fosse immischiato in un gioco troppo grande per lui.

<Ho anche io delle informazioni da condividere.> intervenne Amadeus <Pochi giorni fa la signorina Carter mi ha dato una chiavetta USB da decifrare… dice di averla presa ad un uomo d'affari corrotto di New Orleans, un tipo di nome Harry Ebbing. Quello che ho scoperto è che questo tizio faceva da tramite tra i Lobos Locos nelle operazioni qui in America. È lui che ha fatto da mediatore tra i delvadiani e questi arabi.>

Delvadia, New Orleans, Miami, estremisti islamici… faceva parte tutto della stessa operazione. Seppur per strade differenti Nomad, Steve e la squadra di Sharon stavano seguendo lo stesso caso.

<Abbiamo un potenziale ordigno nucleare sul territorio nazionale. La cosa è troppo grande per gestirla da soli... Donna Maria, per favore, contatta Nick Fury, mentre tu, Amadeus, raduna anche gli altri. Jack, va con lui.>

Tutti annuirono e andarono a fare quanto gli era stato detto. I due vecchi partners rimasero da soli.

<Hai fatto bene a venire da noi..> disse infine Steve.

<Era una cosa troppo grossa per gestirla da solo.> replicò l’altro.

Steve osservò attentamente l'aspetto di Nomad: la barba incolta, i capelli che gli erano ricresciuti, l'impermeabile e gl occhiali a specchio … era tornato al vecchio look, quello di quando vagava per l'America da solo. Quello dei suoi giorni difficili.

<Jack dimmi... come vanno le cose? Come stai tu?>

<So cosa stai pensando... temi che stia tornando a dare di matto, che perda il controllo o cose di questo genere, non è vero? Sta tranquillo: seguo scrupolosamente le mie terapie e prendo le mie medicine senza sgarrare. Il vecchio Jack si prende cura di se stesso. Sto bene.>

<Mi fa davvero piacere sentirlo.>

<Davvero Steve, non occorre che ti preoccupi per me.>

<Ma io lo faccio sempre, con le persone a cui tengo. Anche quando loro non vogliono.> gli disse lui paternamente, appoggiandogli una mano sulla spalla.

Jack Monroe era un duro d'altri tempi, uno di quelli che non faceva mai trapelare le proprie emozioni, ma sentendo tanta premura da parte dell'uomo che più ammirava al mondo, che reputava come un fratello e di cui desiderava sempre l'approvazione, la cosa gli scaldo il cuore.

 

 

Sede della Oracle, Inc., Manhattan, New York.

 

Sebbene avesse trascorso quasi tutta la vita a mostrare il suo corpo, coperto solo da minuscolo un costume squamato, Namor McKenzie, o Sub Mariner come lo conosceva il mondo, portava gli abiti d'alta sartoria con grande naturalezza; li indossava con un’eleganza che gli era naturale. Nel suo completo di Armani stava seduto alla sua scrivania di Presidente della Oracle con lo stesso portamento con cui un tempo sedeva anche sul trono di Atlantide, come si addiceva ad un re del suo rango.

Stava tenendo una riunione che assomigliava ad un consiglio di guerra. Con lui erano presenti i suoi più stretti collaboratori: Carrie Alexander, amministratrice delegata, Jim Hammond, responsabile della sicurezza (nonché Torcia Umana Originale anche se erano pochi a saperlo) e Phoebe Marrs, nel ruolo di Vice Presidente e responsabile finanziario.

<Ne sono certa; non posso provarlo, ma me lo sento.> esclamò Phoebe <Vi dico che la Kronas ha qualcosa di losco al suo interno. Quel Lukin… conosco gli uomini come lui, ha in mente qualcosa di losco, per la faccenda del gasdotto transoceanico sottomarino.>

<Oh, sono certo che te ne intendi, di manovre commerciali scorrette, tu, non è vero?> disse Jim, alludendo ai trascorsi poco onesti di Phoebe.

Carrie Alexander abbassò lo sguardo, cercando di celare il sorriso che le era scappato.

Phoebe si risentì.

<Se c'è qualcosa che vuoi dirmi, Hammond, dilla direttamente. Non mi piace chi lancia il sasso e nasconde la mano.>

<Oh, non mi nascondo mica… non ci siamo dimenticati certi giochetti che facevi, quando lavoravi con tuo fratello> disse guardandola dritto negli occhi <Comunque non stavo alludendo a niente, intendevo proprio quello che ho detto: tu sei una che se intende, di questo genere di scorrettezze… per cui, se affermi che di questo Lukin non ci si possa fidare, io ti credo.>

<Anche io ti credo> intervenne Namor, sorprendentemente pensieroso e riflessivo <Se c'è una cosa che ho imparato di te, è che bisogna fidarsi del tuo istinto. È per questo motivo che voglio che segua tu la trattativa.> disse, rivolto a Phoebe <Sentiti libera di fare tutto ciò che occorre, per fermare la Kronas, hai tutto il mio appoggio. E qualora le cose dovessero prendere una brutta piega, interverrò io personalmente… insegnerò loro perchè mi chiamavano “il figlio vendicativo”.>

 

 

Quartier Generale dei Vendicatori Segreti, Manhattan, New York, il giorno prima.

 

Alla base erano giunti anche il Soldato d'Inverno e Yelena Belova. Donna Maria li aveva ragguagliati sui dettagli, mentre Steve, carta e matita alla mano, aveva utilizzato il suo grande talento nel disegno per fare un identikit dei due terroristi mediorientali, su indicazione di Nomad.

Al meeting si era unito in teleconferenza anche Nick Fury.

Amadeus aveva scansionato i disegni e li aveva inviati al suo database, i potenti mezzi di cui poteva disporre lo S.H.I.E.L.D. si erano messi in funzione, e il colonnello aveva delle informazioni da condividere con la squadra.

<<Abbiamo avuto fortuna. Entrambi erano nei nostri database… sempre che si tratti davvero di loro ovviamente.>>

<Schedati come sospetti terroristi?> chiese Yelena.

<<Non esattamente.>> replicò enigmaticamente Fury mentre ai lati dello schermo apparivano le foto di due uomini.

<Sono loro!> esclamò Nomad.

<<Ne sei sicuro, Monroe?>> gli chiese Fury.

<Assolutamente.> ribattè l’altro <Quello sulla destra dello schermo, la guardia del corpo, ho avuto modo di osservarlo bene mentre combattevamo. Non posso sbagliarmi.>

<Chi sono, Nick?> chiese a sua volta Steve.

<<Quello più magro si chiama Faysal Al Tariq ed è palestinese. Era uno dei più brillanti studenti dell’Accademia dello S.H.I.E.L.D. ed eravamo convinti che sarebbe diventato un ottimo agente…>>

<Ma…?> intervenne Donna Maria.

<<Poche settimane prima della cerimonia di consegna dei diplomi tornò a casa dalla famiglia nella Striscia di Gaza. Ci fu un raid aereo, la sua casa fu distrutta e tutta la sua famiglia fu sterminata, lui compreso… o così credevamo.>>

<E sbagliavate.> puntualizzò Jack Flag.

<<Capita. Da quelle parti non è sempre facile avere il conto esatto delle vittime o dei riconoscimenti sicuri.>>

<Brutta storia.> commentò Bucky <Quindi è sopravvissuto, e quanto è accaduto lo ha spinto a convertirsi all’estremismo.>

<Evidentemente. La violenza chiama sempre altra violenza, purtroppo.> aggiunse Steve.

<E l’altro?> intervenne ancora Nomad <Cosa avete sui di lui? Quello che so io è che è un supersoldato o qualcosa di simile, ed ha un addestramento di tipo militare.>

<<E difatti è stato addestrato nei pasdaran[2] iraniani… e purtroppo devo confermare i tuoi sospetti: secondo le nostre informazioni è stato selezionato per essere sottoposto ad un trattamento potenziante simile al siero del supersoldato.>>

<Lo sapevo!> esclamò Nomad.

Fury proseguì senza badare al commento:

<<Il suo vero nome è Dariush Gilani ma preferisce farsi chiamare Abdul Al Rhaman, un nome arabo che significa…>>

<Servo del Più Misericordioso, uno dei tanti appellativi di Allah nella teologia islamica.> concluse per lui Steve.

<Non dirmi che conosci l’Arabo!> esclamò, sorpreso, Jack Flag.

<Solo qualche parola che mi ha insegnato un mio vecchio alleato egiziano ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Si faceva chiamare Scarabeo Scarlatto.> si schermì Steve <Ma adesso non ha importanza. Ciò che conta è rintracciare alla svelta quei due. Hanno con loro abbastanza plutonio per poter fabbricare una bomba nucleare o almeno una bomba sporca e di certo vogliono usarla in territorio americano.>

<<Ci sto lavorando, Rogers, ma nel frattempo devo chiedere il tuo aiuto per una faccenda delicata.>>

<I guai non vengono mai da soli, pare. Di che si tratta?>

<<Di una tua vecchia conoscenza: il Teschio Rosso.>>

 

 

Cancún, Messico.

 

Nello spazioso salotto della suite di un hotel a 5 stelle Sharon Carter e la sua squadra stavano ascoltando Texas Jack raccontare le sue ultime vicissitudini tra El Paso in Texas ed il Messico.[3]

<Chi avesse assunto quei killers per uccidermi e sabotare le trattative per l’acquisto della maggioranza delle azioni della Roxxon non siamo riusciti a scoprirlo. Gli attentatori sono morti senza rivelarlo, purtroppo.> concluse il texano.

<Dopo il primo attentato avrebbe dovuto chiamarci,> puntualizzò Sharon.

<Avevate già i vostri guai e poi mi sembrava giusto che vi godeste un po’ di riposo, specie lei, Miss Carter.> replicò Texas Jack <E poi avevo degli angeli custodi in gamba.>

<Rufus Carter e Chris Elder. Li conosco di fama e sanno davvero il fatto loro. Credevo, però, che fossero usciti dal giro.> commentò Sharon.

<Si diceva lo stesso di lei, eppure è qui.>

<Touché.> ribatté Sharon abbozzando un sorriso <Ma ora vediamo al sodo, ovvero il nostro compito.>

<Se è vero che i suoi aspiranti assassini sono tutti morti, a che serviamo noi?> chiese Yukio.

<Mi sembra ovvio.> replicò Rachel Leighton alias Diamante <I mandanti di quella squadra di assassini sono ancora in libertà e potrebbero inviare qualcun altro per finire il lavoro.>

<Senza contare che la Roxxon è un boccone ambito da molti.> intervenne l’uomo che usava diversi nomi ma quello con cui era più conosciuto era Paladin <A volersi sbarazzare di un concorrente tosto come il nostro Texas Jack potrebbe essere più di uno.>

<Tu sì che sai come rassicurare la gente, Paul.> commentò Rachel.

<Cerco solo di essere preparato al peggio anche se molto probabilmente questo finirà per essere solo un noioso lavoro da guardia del corpo.>

Forse Paladin aveva ragione, ma l’istinto diceva a Sharon che i guai sarebbero presto arrivati ed il suo istinto affinato da anni di esperienza sbagliava raramente.

 

 

Daily Bugle Building, Manhattan, New York.

 

Joy Mercado era seduta nel suo cubicolo nella redazione della rivista Now intenta a ricontrollare il suo ultimo articolo quando udì il familiare rumore che annunciava una mail in arrivo. Incuriosita andò a vedere. Era sul suo account privato ma non riconobbe il mittente Si chiese se aprire la mail, magari era un virus ma l’oggetto era allettante: CIA.

Alla fine la curiosità ebbe il sopravvento e la aprì. Conteneva un allegato, aprì anche quello. Ne scorse rapidamente il contenuto e quel che vide scosse perfino una scafata giornalista come lei.

In quel momento squillò il suo cellulare. Numero privato. Rispose ugualmente ed udì una profonda voce maschile che disse:

<<Ciao, Joy, piaciuto il mio regalo?>>

<Chi è lei e come ha avuto il mio numero?>

<<Il mio nome non è importante e quanto alla seconda domanda, diciamo che ho i miei metodi. Non hai ancora risposto alla mia domanda: ti è piaciuto il mio regalo?>>

<Quello che c’è nel file… è tutto vero?>

<<Verissimo ed è solo la punta dell’iceberg. Posso fornirti materiale ancora più scottante se ti interessa.>>

Joy non esitò un istante nel rispondere:

<Ci puoi scommettere, amico.>

 

 

Quartier Generale dei Vendicatori Segreti, Manhattan, New York.

 

<Il Teschio Rosso? È ancora vivo?> domandò Amadeus <Pensavo fosse morto... non gli aveva sparato un cecchino?>

<<Si, e infatti non si tratta del vecchio nazi, bruci all'inferno... no, mi riferisco a quell'altro, l'emulatore di Albert Malik, il Teschio Rosso comunista.>> si corresse Fury.

<L'uomo per cui lavorava Buck quando... sì, insomma... non era in sé?> chiese Nomad.

<<Proprio lui.>>

Bucky fece una smorfia. Quando era sotto il controllo dei russi era stato agli ordini di quell'uomo, ma adesso in qualche modo, nella sua memoria non v'era traccia di una sola informazione utile su di lui. Aveva fatto tabula rasa nei suoi ricordi.[4]

<Vorrei potermi ricordare qualche dettaglio su di lui, anche il più piccolo ...> disse, tra i denti.

<È un enigma anche per i servizi segreti del mio paese.> aggiunse Yelena.

<Cos'hai scoperto, Nick?> chiese Steve, diretto.

<<Una talpa nella sua organizzazione ha fatto arrivare allo S.H.I.E.L.D. l’informazione che quel pazzo mascherato sta preparando qualcosa di grosso che ha a che fare con la Roxxon Oil, e ha aggiunto anche che accadrò presto qualcosa a Cancún, in Messico, dove deve svolgersi un importante meeting politico/finanziario.>>

<Chi è la talpa? Qualcuno di cui ti fidi?> domandò Donna Maria.

<<Non è una dei miei uomini, non lo conosco. Ma, chiunque egli sia, ha corso un grosso rischio e lo corre tuttora. Anni fa, quando ero nella C.I.A., riuscì a piazzare una coppia di miei agenti in un’organizzazione di quello stampo, ma purtroppo furono scoperti e uccisi. [5] Ora, so che questo Teschio non è lo stesso di allora, ma pare agisca in modo molto simile, ed è addirittura più pericoloso.>>

<La faccenda del Messico, quel meeting... potrebbe essere una trappola.> fece notare Yelena.

<Lo so, ma non possiamo rischiare. C'è troppo in ballo e non possiamo non intervenire.> rispose Steve.

<<Bene allora. Io intanto manderò i miei uomini alla ricerca dei due arabi che mi avete segnalato: non appena troviamo qualcosa, vi contatterò. Chiudo.>>

<Verrò con voi.> esclamò Nomad <Insomma, ve lo devo: in fondo, ho scaricato a voi il caso della bomba. Inoltre, il Teschio Rosso comunista è stato il mio primo, grande nemico, l'uomo per cui ho cominciato questa vita; voglio chiudere i conti con lui una volta per tutte.>

<Non ci devi niente, Nomad, ma sei il benvenuto. Forza, allora, muoviamoci!> disse Steve.

Mentre la squadra di preparava alla partenza, Bucky si chiese se vi fosse un qualche legame tra il Teschio, il meeting che stava per tenersi e i misteriosi omicidi politici su cui stava indagando, ma si tenne questo dubbio per sé.

Jack Flag, invece, non riusciva a capacitarsi di come, nel giro di pochi minuti, fossero passati dal caso dei terroristi islamici a quello del Teschio Rosso: la vita dell'agente segreto aveva davvero un ritmo frenetico.

 

 

Golfo del Messico.

 

Venne infine il giorno del famigerato meeting internazionale.

Argomento del giorno, il gasdotto sottomarino che sarebbe passato attraverso l’Oceano Atlantico.

Il luogo stabilito per l'incontro era un delizioso resort su una piccola isola. Sulla pista d'atterraggio arrivavano elicotteri e piccoli jet con a bordo alcuni dei nomi più grossi dell'industria e dell'alta finanza internazionale. Alcuni dei più noti erano già arrivati, altri stavano per arrivare.

Sebbene non vi fosse nulla di ufficiale al riguardo, uno degli scopi del meeting era anche il destino della Roxxon, a cui in molti erano interessati; avrebbero voluto infatti rilevarla dopo che Tony Stark aveva messo sul mercato le proprie quote, cosa che l’aveva resa vulnerabile alle scalate.

Tra i più interessati, manco a dirlo, la Kronas di Aleksandr Lukin, uno dei primi ad arrivare e ad accomodarsi al tavolo dove si sarebbero tenute le trattative.

Seduti vicino a lui, tra gli altri, c'erano Texas Jack Muldoon e Phoebe Marrs. I tre si scambiarono dei convenevoli, ma se si sapeva leggere bene i loro sguardi, si sarebbe di certo potuto cogliere l'astio e l'ostilità che li divorava dentro.

Alle spalle di Texas Jack stava in piedi Sharon Carter il cui volto aveva un’espressione impassibile. Lukin le rivolse uno sguardo di apprezzamento poi disse a Texas Jack:

<Ha una guardia del corpo davvero eccezionale, Muldoon: nientemeno che Sharon Carter, la leggendaria Agente 13.>

<La conosce?> replicò, un po’ sorpreso il texano.

<Prima di dedicarmi all’industria ed alla finanza ero un alto ufficiale del servizio segreto militare russo e comunque lei è stata Direttore ad interim dello S.H.I.E.L.D. durante una delle periodiche sparizioni di Nick Fury. Il suo volto è apparso spesso sui media, cosa molto seccante per un agente operativo.>

<Vedo che anche lei ha scelto una donna come responsabile della sua sicurezza ed una bella, anche.> ribatté Texas Jack alludendo ad una donna bruna che se ne stava appoggiata ad una parete con aria apparentemente indifferente.

<Non si lasci incantare troppo dalla sua bellezza, amico mio: Yelena Brement è una donna molto pericolosa e lo so bene: sono stato io ad addestrarla.>

La donna in questione sotto un’aria annoiata stava in realtà scrutando la stanza e gli ospiti. Improvvisamente la sua attenzione fu attratta da una ragazza. Apparentemente era solo una delle hostess che l’organizzazione del meeting aveva messo a disposizione dei manager presenti, eppure… i capelli erano acconciati in modo diverso ed avevano un altro colore, come pure gli occhi ma Yelena Brement non aveva dubbi: quella era Yelena Belova, la Chornaya Vdova.[6] <Che ci faceva lì travestita? Aveva sentito voci che fosse stata distaccata ad una squadra segreta dello S.H.I.E.L.D., anche loro erano interessati al meeting? Perché? L’istinto dell’agente segreto le diceva che sarebbe stato importante scoprirlo.

Nel salone i presenti stavano mostrando segni di impazienza. Tutti attendevano l’arrivo del Presidente della Roxxon, Arthur Dearborn e lui si stava facendo desiderare come una primadonna.

Improvvisamente però, tutti gli schermi di ogni dispositivo digitale, cellulari, computer e tablet iniziarono a malfunzionare, come se stessero ricevendo un segnale disturbato.

<Che diamine, ma cosa gli ha preso, a questo affare?> borbottò Texas Jack.

Poi, all'unisono, tutti gli schermi trasmisero solo un’immagine sinistra: l'inquietante e inconfondibile maschera del Teschio Rosso.

<<Buonasera, signori, nobili rappresentanti del capitalismo. Mi dispiace interrompere questo vostra riunione in cui dovete decidere chi di voi dovrà arricchirsi ancora di più, ma mi duole dovervi dare una brutta notizia: il tanto atteso Arthur Dearborn non potrà essere dei vostri, questa sera.>>

Su ogni schermo apparve un elicottero in volo con le insegne della Roxxon.

Dopo pochi istanti, il velivolo esplose in un’enorme palla di fuoco.

Tutti i presenti sussultarono d'orrore. A qualcuno scappò anche un grido di paura.

<<Dearborn è solo primo della lista, presto toccherà anche a tutti voi. IO SONO IL TESCHIO ROSSO, E IL MIO NOME SIGNIFICA MORTE!>>

La trasmissione si interruppe.

Tutti entrarono nel panico, lasciandosi andare a scene d'isterismo e grida per questo motivo nessuno, ma proprio nessuno si accorse che, mentre abbassava lo sguardo, Aleksandr Lukin sorrideva.

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

            Questo è sostanzialmente un episodio di introduzione dello scenario e degli attori del nostro dramma che vedrà per la prima volta la squadra di Steve Rogers e quella di Sharon Carter agire per un comune obiettivo, a proposito del quale…

Ritorna sulle scene il cosiddetto Teschio Rosso comunista, il primo avversario della nostra squadra nella sua formazione originaria ed a tutti gli effetti la sua nemesi.

Cosa dirvi di più? Ah sì, forse qualcosa su Arthur Dearborn ma, ripensandoci, ve lo diremo la prossima volta.

 

 

Carlo & Carmelo

 



[1] Offerta Pubblica di Acquisto.

[2] Guardiani della Rivoluzione.

[3] Per maggiori dettagli vedere Marvel Knights #110/113.

[4] Come visto nei numeri 1/ 4 di questa serie.

[5] Richard e Mary Parker, per l'esattezza.

[6] Vedova Nera in Russo.